17.4.07

per fortuna ci sono le bestiole

Pallosissimo pomeriggio dedicato ai consigli di classe in cui mi sono reso conto che - per come è strutturata - la scuola, più che formare, distrugge i ragazzi.

Per fortuna, al termine del suplizio c'è stato il colloquio con i genitori. Oh, a parlare dei ragazzi, qua e la, mi commuovevo. Sentivo gli occhi che mi si inumidivano di lacrime.
E dire che sono ignoranti come delle bestie...
forse però mi commuovono perché in un certo senso sono le mie bestiole.

Senza parole

Il compagno della ragazza morta nell'incidente stradale è arrivato in redazione per caso e per caso abbiamo scoperto che era lui. Come accade sempre in questi casi l'imbarazzo è grande. Parliamo e mi dice che su alcuni giornali erano state scritte delle imprecisioni. Ha in mano la copia che parla della sua Serena e gli chiedo cortesemente di dirmi quali sono stati gli errori, così da non ripeterli scrivendo del funerale.
Legge e, a parte una sfumatura relativa al mestiere della giovane, dice che il resto del mio testo è corretto.
Mi raconta un po' di lei e io lo lascio parlare senza invadere la privacy. Prima di andarsene, dandomi del lei mi dice: "Grazie per non avermi chiesto il cognome e di essersi accontentato del nome, significa che ci sono ancora persone che fanno questo lavoro con sensibilità".
Sono rimasto senza parole.

14.4.07

Non è mai facile

Sta li, un po' di traverso sulla scrivania, mi guarda con occhi pieni di vita. Non la conoscevo, eppure dalla fototessera che mi hanno dato, sembra parlarmi con il cuore in mano. Aveva 32 due anni, ne avrebbe compiuti trentatre a giugno. La sua vita è stata spazzata via su una strada a nord di Modena. Il suo coro straziato da un'automobile che le è passato sopra dopo che è scivolata con la moto. Era cresciuta a poche centinaia di metri da dove mi trovavo con gli amici quando ero adolescente, ma il suo volto non mi dice niente. Il suo nome ancora meno. Tocca a me scrivere dei suoi ultimi momenti di vita, del dolore di una famiglia. Non è mai facile, ancor di più quando a morire è una ragazza giovane e carina.

6.4.07

focus group

Il direttore sbandiera di qua e di la l'importanza del focus group. E' il focus group che ci da la direzione, che ci tiene al guinzaglio. I suoi gusti sono il Vangelo. Il nostro modo di lavorare dipende da questo gruppo. Vengono da li le direttive perché il focus group è il feedback del giornale.
Si, va bene. Ma chi sono i lettori che hanno questo privilegio, quanti sono, dove vivono, cosa fanno? Domandarselo è lecito, mi sembra.
Fino a ieri il focus group era un'entità totalmente astratta e forse era meglio che tale rimanesse perché adesso che ho scoperto che a decidere del mio lavoro sono sei - e dico sei - persone, francamente mi fa girare i copsidetti.

3.4.07

Second life

Mhmm, sono peplesso. Molto perplesso. Ho registrato un avtar su Second life (Lyrich Oh), ma mi sembra che sia più complicato di quanto pensassi.

29.3.07

Sempre meglio che lavorare

Forse mi sono ricordato ciò che avevo dimenticato l'altro giorno. Si trattava di una riflessione sulla vita del giornalista che scrive per un quotidiano.

Anche se l'idea "geniale" è sfuata, provo lo stesso ad abbozzare un ragionamento con un capo e una coda su questo fantastico argomento.

A prima vista sembra che il giornalista si svegli alla mattina senza sapere ancora cosa gli succederà nel corso della giornata e se per qualcuno ciò può rappresentare un motivo d'angoscia, per altri invece non è altro che un senso di liberazione.

Alla lunga ci si accorge che una routine esiste. Si tratta di una routine mai uguale a sé stessa. Gli appuntamenti fissi si alternano alle incognite della cronaca o della politica. Ogni giorno al suono della sveglia tutti sappiamo già che mangeremo tre volte, ma se la colazione è sempre (o quasi) identica, pranzo e cena sono vari e, a volte, possono essere sorprendenti. La vita del giornalista è così: alle volte può essere sorprendente, anche se non ha mai fine. Neppure quando arriva a casa.

Quando attraverso i vetri della finsetra mi capita di sentire una sirena, l'istito è di mettere i pantaloni e inseguirla, oppure di chiamare la centrale operativa per sapere cosa è successo e, eventualmente, urlare in preda a una crisi isterica "Fermare le rottive, fermate le rotative".
(un amico che non vedo ormai da troppo tempo, sostiene che almeno una volta nella vita questa frase vada detta).

Fare il giornalista è un privilegio, ma a volte si trasforma in una condanna. Comunque sia, per usare una frase banale e logora, mi permetto di dire: "Sempre meglio che lavorare".

27.3.07

amnesie

In questo momento ho capito perché questo blog non è così ricco come dovrebbe essere. Alla mattina arriva la folgorazione, poi però il lavoro chiede la precedenza e senza troppi complimenti prevale su tutto. Si china la tesat sulla tastiera e si dice: "Stasera scrivo", poi la sera arriva e non ci si ricorda più cosa si aveva in mente.
Quando cinque minuti fa ho digitato username e password ero convinto che mi sarei ricordato almeno l'argomento.

Niente.
Niente di niente.

Vuoto.

Vi capita mai?

26.3.07

la foto

Arriva in redazione una donna segnalando di aver fotografato una cosa con il suo cellulare e visto che abbiamo pubblicato con solerzia una sua lettera, vuole ricambiare il favore e chiede se ci interessa. Visto che il fotogrfo del giornale non ha "colto l'attimo", uno dei redattori le dice di mandargli gli scatti via mms. Per risparmiare, lei propone un passaggio a infrarossi. Dopo un paio di tentativi a vuoto, i due telefoni riescono a comunicare e le tre "istantanee" passano come per magia da un portatile all'altro. La signora se ne va soddisfatta e il collega prova a spedire le foto via mail al giornale.
Il cellulare nuovo del giornalista non è ancora configurato per la posta elettronica e così il nuovo invio non riesce. A questo punto entra in scena il mio telefonino che riceve i file via blue tooth. Con il cavetto USB potrei scaricare le foto direttamente sul pc del giornale, ma sarebbe troppo facile. Aggiungo un paio di passaggi accendendo il portatile - il note-book è già configurato per il down load dal telefono - e scaricando le foto sulla penna USB. Da qui si passa al computer connesso alla rete del giornale. Metterle sul server sarebbe fin troppo facile, così non lo faccio. Siccome la pagina non è ancora disegnata, nel marasma di tutti i giorni il rischio di smarrire i file nei meandri dell'intranet è concreto, così perché venga condivisa da tutti le invio attraverso la mia e-mail personale all'indirizzo della redazione.
Qualcuno poi la metterà in pagina.
A pensarci a mente fredda un percorso più tortuoso era difficile inventarlo.