25.11.06

la guerra, la morte, la vita

In lontananza il suono delle pale che girano diventa sempre più palpabile. Bang. Si aprono le danze. La pelle si accartoccia, puzza, brucia. La senti nel naso: è la guerra. Quella guerra che in tv ha solo due dimensioni. Ti ci trovi dentro. Hai mai pensato che sarebbe successo? I proiettili fischiano sopra la tua testa e pensi. Ti passa per la mente che qualcuno da qualche parte sta facendo l’amore. Tu potresti morire e qualcun’altro potrebbe scoprire la vita. Se solo fossi altrove. Vorresti, ma sei li. Non hai scelta, devi salvare il culo. O stai giù e speri che la battaglia si placchi come il vento all’improvviso o ti alzi e corri sperando che nessuno ti veda o che, se ti vede, non riesca a prenderti. Non c’è bisogno che il cecchino ti scelga come obiettivo, può stenderti anche un colpo non diretto a te, uno di quelli sparati a caso da un povero diavolo spaventato, uno di quelli senza nome che vagano nel cielo del set surreale che gli uomini si ostinano a chiamare Mondo, uno di quelli che non aspettano altro se non trovare un corpo solido nel quale fermarsi.
“Ieri se n’è andato. E domani ci sarà?”.
Non dovresti trovati faccia a faccia con la morte per chiederti quanto durerai. Le cose dolci devi provarle, devi tentare di provarle sempre. Tutto quello che devi fare è tentare di essere libero. Nella testa. E un po’ anche nel cuore. Puoi mangiare, ma non abbuffarti. Non vale la pena, poi, vomitare. Devi crederci. Io ci credo. Non sacrificarti. Il buio è li che aspetta, lo senti? No? Non va bene, vuol dire che sei già morto. Non è più possibile andare avanti così. Stringi le narici, chiudi gli occhi, tappa le orecchie, annulla la percezione di tutto. Isolati. Vedrai: starai bene. Benissimo. Nessuno e niente ti disturberà. Ma che differenza c’è con il resto?
Perché non ti alzi e prendi quella pallottola che vaga senza nome nel cielo del set surreale che gli uomini si ostinano a chiamare Mondo?

(colonna sonora d’ispirazione: Lenny Kravitz)