25.4.06

Di nuovo in immersione

L’ultima immersione risaliva al settembre del 2004. Non era mai passato tanto tempo tra un tuffo e l’altro, ma ora il conto è di nuovo azzerato.
Erano tante le incognite di questa prima immersione del 2006. Su tutte a preoccuparmi c’era la questione della muta. Durante gli ultimi 19 mesi la mia forma è cambiata e non posso dire che l’aumento di massa sia dovuto alla muscolatura più robusta. Rispetto all’ultima volta, credo che mi stesse un po’ più stretta, ma la cerniera si è chiusa senza protestare. Pensavo che con indosso una 7 millimetri, la shorty e il nuovo strato protettivo naturale autoprodotto nel corso di due inverni avrei dovuto aumentare notevolmente la pesata e invece, anche qui la sorpresa, 4 chili di piombo sono bastati e forse sono anche avanzati.

Anche gli erogatori hanno superato il test, ma non lo hanno fatto a pieni voti. Se per un’immersione di prova a meno di 10 metri non hanno dato problemi, le bollicine che ho visto uscire dal primo stadio mi portano a dubitare della loro perfetta funzionalità. Magari basta ingrassare il filo della vite di protezione da cui era generata la perdita, ma magari è qualcosa di più serio. Necessitano un check. Un controllino, infine l’avrebbe bisogno anche l’aggancio a baionetta del jacket.

Anche se sono un sostenitore della muta umida - perché la muta stagna toglie il contatto con l’acqua e quindi, dal mio punto di vista, viene a mancare uno dei motivi per cui ci si immerge -, quando la temperatura è bassa come in questo periodo dell’anno, mi chiedo perché non ne ho mai comprata una. Con un termoclino ogni metro e mezzo, ci siamo ritrovati a 9 metri di profondità con appena 11 gradi centigradi di temperatura. Dopo meno di un quarto d’ora, quando le mani e i piedi hanno cominciato a perdere la sensibilità e la voglia di aprire il riscaldamento autonomo si faceva via via più concreta, ho rimesso in discussione tutti i miei principi e ideali. Una stagna ci sarebbe stata bene. Proprio bene.
Un po’ per il freddo, un po’ perché il paesaggio non era dei più vari ed entusiasmanti (spirografi, oloturie, fango, qualche granchio, alcune medusa e dei cavallucci marini assonnati), nonostante la profondità esigua, dopo appena 29 minuti abbiamo posto fine all’esperimento. Non prima però di esserci messi a pancia in su a guardare salire in superficie le nostre bolle.
Vedere materializzarsi il proprio respiro è sempre uno spettacolo impagabile e rilassante.