3.3.06

Lezione di giornalismo

Anche se era dovuta alla sua visione politica delle cose e non a un'etica professionale, il richiamo all'ordine del fotografo di ieri mi ha dato una decisa lezione di giornalismo. Per qanto poi, a ben guardare, sia stata vana, almeno mi ha rinfrescato le idee.

Al direttore piacciono le testine perché è convinto che facciano schizzare alle stelle le vendite. Il ragionamento è semplice ma efficace: se Tizio ha la foto sul giornale e dice una sua opinione, allora ne compra una copia per tenerla nel suo album dei ricordi. Oltre a Tizio una copia la compreranno anche la mamma Caia e la zia Sempronia, per non parlare della fidanzata Pincopallina... La qualità delle notizie è discutibile, certo, ma al direttore piacciono e noi, per accontentarlo - ...i direttori hanno sempre ragione! - ci avventuriamo per le strade in cerca di persone disposte a farsi fotografare. Non è importante che gli intervistati dicano cose intelligenti, l'importante è che dicano quello che vuole il direttore e che SOPRATTUTTO si lascino scattare la foto. Perché la testina è imprescindibile.
Sembra assurdo, ma con il proliferare di tanti reality show, di tanta televisione del dolore, di tante schifezze televisive dove tutti sono pronti a tutto pur di apparire, quando si affronta il marciapiede, la gente non ha tutta sta smania di protagonismo. Per dirla tutta, parlare parlano anche, ma quando a una persona si domanda il nome... apriti cielo... bisogna insistere. Per la foto, poi, quasi c'è da strisciare.
Premesso questo, arriviamo al dunque.

Il tema dello stramaledetto servizio sono i malumori nei confroti di un gruppo di manifetanti Disobbedienti-No Global-Comunisti-Bla-bla-bla-quel-che-è. La mia schizzofrenia politica, in questo mi aiuta. Né di destra, né di sinistra, ma solo schierato per il buon senso - che una volta sta di qui e la volta dopo sta di li -, posso dire tutto e il contrario di tutto senza abiurare al mio credo. Chiamatela prostituzione intellettuale, se volete, ma alla fine o si fa così o non se ne fa niente. Ammetto che i manifestanti in questione mi stanno sulle palle, ma di base me ne fotto: devo solo portare a casa quello che vuole il direttore. Ne segue che per fare il prima possibile, pongo le domande in un certo modo, con un po' di malizia.
Alla terza domanda formulata con dolo, il fotografo si ferma e mi dice chiaro e tondo che se continuo a porre le domande in quella maniera, lui se ne va perché i manifetanti hanno ragione e lui non si presta ad avvallare una farsa.
Gli spiego le mie ragioni e mentre lo faccio, mi rendo conto che tutti i torti non li ha.
Anche se alla fine il metodo oggettivo di lavoro ci porterà via più di un'ora, la lezione è imparata e comincio a porre le domande in modo neutro.
Raccolto il materiale è il momento di elaborarlo e mi accrgo che per quanto abbia lavorato in modo "neutro", comunque nel rispetto di quello che ogniuno mi ha detto, senza manipolare i pensieri, a seconda di come monterò il tutto, posso comunque condannare i manifestanti...