29.3.07

Sempre meglio che lavorare

Forse mi sono ricordato ciò che avevo dimenticato l'altro giorno. Si trattava di una riflessione sulla vita del giornalista che scrive per un quotidiano.

Anche se l'idea "geniale" è sfuata, provo lo stesso ad abbozzare un ragionamento con un capo e una coda su questo fantastico argomento.

A prima vista sembra che il giornalista si svegli alla mattina senza sapere ancora cosa gli succederà nel corso della giornata e se per qualcuno ciò può rappresentare un motivo d'angoscia, per altri invece non è altro che un senso di liberazione.

Alla lunga ci si accorge che una routine esiste. Si tratta di una routine mai uguale a sé stessa. Gli appuntamenti fissi si alternano alle incognite della cronaca o della politica. Ogni giorno al suono della sveglia tutti sappiamo già che mangeremo tre volte, ma se la colazione è sempre (o quasi) identica, pranzo e cena sono vari e, a volte, possono essere sorprendenti. La vita del giornalista è così: alle volte può essere sorprendente, anche se non ha mai fine. Neppure quando arriva a casa.

Quando attraverso i vetri della finsetra mi capita di sentire una sirena, l'istito è di mettere i pantaloni e inseguirla, oppure di chiamare la centrale operativa per sapere cosa è successo e, eventualmente, urlare in preda a una crisi isterica "Fermare le rottive, fermate le rotative".
(un amico che non vedo ormai da troppo tempo, sostiene che almeno una volta nella vita questa frase vada detta).

Fare il giornalista è un privilegio, ma a volte si trasforma in una condanna. Comunque sia, per usare una frase banale e logora, mi permetto di dire: "Sempre meglio che lavorare".

27.3.07

amnesie

In questo momento ho capito perché questo blog non è così ricco come dovrebbe essere. Alla mattina arriva la folgorazione, poi però il lavoro chiede la precedenza e senza troppi complimenti prevale su tutto. Si china la tesat sulla tastiera e si dice: "Stasera scrivo", poi la sera arriva e non ci si ricorda più cosa si aveva in mente.
Quando cinque minuti fa ho digitato username e password ero convinto che mi sarei ricordato almeno l'argomento.

Niente.
Niente di niente.

Vuoto.

Vi capita mai?

26.3.07

la foto

Arriva in redazione una donna segnalando di aver fotografato una cosa con il suo cellulare e visto che abbiamo pubblicato con solerzia una sua lettera, vuole ricambiare il favore e chiede se ci interessa. Visto che il fotogrfo del giornale non ha "colto l'attimo", uno dei redattori le dice di mandargli gli scatti via mms. Per risparmiare, lei propone un passaggio a infrarossi. Dopo un paio di tentativi a vuoto, i due telefoni riescono a comunicare e le tre "istantanee" passano come per magia da un portatile all'altro. La signora se ne va soddisfatta e il collega prova a spedire le foto via mail al giornale.
Il cellulare nuovo del giornalista non è ancora configurato per la posta elettronica e così il nuovo invio non riesce. A questo punto entra in scena il mio telefonino che riceve i file via blue tooth. Con il cavetto USB potrei scaricare le foto direttamente sul pc del giornale, ma sarebbe troppo facile. Aggiungo un paio di passaggi accendendo il portatile - il note-book è già configurato per il down load dal telefono - e scaricando le foto sulla penna USB. Da qui si passa al computer connesso alla rete del giornale. Metterle sul server sarebbe fin troppo facile, così non lo faccio. Siccome la pagina non è ancora disegnata, nel marasma di tutti i giorni il rischio di smarrire i file nei meandri dell'intranet è concreto, così perché venga condivisa da tutti le invio attraverso la mia e-mail personale all'indirizzo della redazione.
Qualcuno poi la metterà in pagina.
A pensarci a mente fredda un percorso più tortuoso era difficile inventarlo.